Lo stato euforico da corsa protratta è mediato da endocannabinoidi

 

 

LUDOVICA R. POGGI & NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 31 ottobre 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Spesso, quando si affronta il problema della nocività e della conseguente proibizione dell’uso di sostanze psicotrope chiamate “droghe”, si focalizza l’attenzione sulla loro azione tossica sul sistema nervoso centrale. Ovviamente, questo aspetto è di risaputa importanza, fin da quando è stato coniato il termine tossicodipendenza, che sintetizza le due componenti principali dello stato che si viene a produrre: 1) l’essere internamente condizionati ad un’assunzione compulsiva, e 2) la capacità lesiva di ciò che si è indotti ad assumere. Si dipende da una sostanza tossica. Tuttavia, esiste anche un aspetto minore, ma non del tutto trascurabile, da prendere in considerazione: l’ingresso nell’organismo di una sostanza estranea, capace di produrre una risposta legata al funzionamento di base del cervello, come l’effetto a ricompensa, prescindendo dalla logica naturale che normalmente lo esprime all’interno di delicati equilibri, sviluppati in milioni di anni di evoluzione animale.

Molte sostanze psicotrope d’abuso sono assunte proprio perché inducono uno stato caratterizzato da elevato tono dell’umore, accompagnato ad una sensazione positiva, come di benessere o piacere che, nel gergo degli assuntori americani oggi diffuso in tutto il mondo, è detto “high”. Secondo la teoria della sensibilizzazione che incentiva[1], le molecole che producono questo effetto sono in grado di determinare sensibilizzazione nei sistemi neuronici preposti ad attribuire importanza (salience), e in tal modo innescano processi che aumentano il gradimento della sostanza stessa, anche se in genere gli effetti edonici vanno incontro a tolleranza, ossia è richiesta una dose progressivamente maggiore per determinare lo stesso effetto. Le sensazioni sono il prodotto di complesse ed estese interazioni neuroniche cerebrali, ma il fulcro dell’attività delle sostanze psicotrope d’abuso è dato dalla proprietà di rinforzo, che consiste nell’attivare per via chimica diretta un effetto “a ricompensa”, sviluppato dall’evoluzione in rapporto alla soddisfazione dei bisogni primari e del bisogno secondario riproduttivo[2].

L’effetto di rinforzo si associa all’attività di popolazioni neuroniche dopaminergiche dell’area tegmentale ventrale (VTA), in un circuito che include il nucleo accumbens. La logica naturale dell’attivazione di tale circuito è intuitiva, in rapporto  all’assunzione di cibo in condizioni di bisogno energetico-calorico e alla soddisfazione sessuale dell’animale in periodo estrale; ma può essere istruttivo comprenderne il senso per la fisiologia animale, ed umana in particolare, in rapporto a funzioni alle quali non è sperimentalmente e convenzionalmente associato il concetto di ricompensa. Una di queste funzioni è l’esercizio motorio protratto, come il correre negli allenamenti sportivi o nell’attività fisica salutistica.

La sensazione soggettiva di benessere o piacere sperimentata da alcune persone dopo prolungato esercizio è stata convenzionalmente definita runner’s high, che si può rendere con “euforia del corridore”[3]. In realtà, la sensazione, che presenta variazioni individuali e soggettive in rapporto alla caratterizzazione cosciente, si accompagna pressoché costantemente ad uno stato di equilibrio interno e tono dell’umore elevato, con riduzione di sintomi ansiosi, sedazione ed analgesia. Una credenza popolare ha attribuito da decenni questi effetti alle endorfine, sia per l’analgesia, sia perché vi erano state prove sperimentali di un innalzamento del tasso di queste molecole in relazione all’esercizio fisico protratto. In realtà, sia i livelli ematici di β-endorfina, sia quelli di anandamide sono elevati, secondo quanto è stato recentemente accertato.

Un gruppo di ricerca tedesco, guidato Johannes Fuss, ha deciso di indagare nel topo gli effetti neurochimici della corsa protratta nella ruota girevole da gabbia, un gioco molto gradito ai roditori. Considerando i parametri che ordinariamente nella ricerca consentono di rilevare l’ansia e il dolore negli animali, i ricercatori hanno rilevato che la corsa di lunga durata determinava l’innalzamento degli endocannabinoidi, riducendo ansia e percezione del dolore, e che l’effetto dipendeva dal recettore CB1 situato sulla membrana degli interneuroni inibitori GABAergici.

In tal modo, per la prima volta è stato dimostrato sperimentalmente che i recettori degli endocannabinoidi hanno un ruolo nel prodursi del runner’s high (Fuss J., et al., Runner’s high depends on cannabinoidi receptors in mice. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1514996112, 2015).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychiatry and Psychotherapy, Central Institute of Mental Health, University Medicine Mannheim, University of Heidelberg, Mannheim (Germania); Institute of Physiological Chemistry, University Medical Center of the Johannes Gutenberg University Mainz, Mainz (Germania); Institute for Sex Research and Forensic Psychiatry, Center of Psychosocial Medicine, University Medical Center Hamburg-Eppendorf, Hamburg (Germania); Department of Clinical Neuroendocrinology, Max Plank Institute of Psychiatry, Munich (Germania); Medizinisches Labor Bremen, Bremen (Germania).

Per rendersi conto di quanto sia finemente regolata l’attività dei cannabinoidi naturali, basti pensare ad uno solo dei modi che intrinsecamente ne controllano la produzione: la loro sintesi e il loro rilascio, dipendendo dalla concentrazione di Ca2+, sono direttamente e proporzionalmente accresciuti dall’attività sinaptica che, come è noto, determina l’innalzamento del calcio endocellulare.

Per consentire un migliore inquadramento dei risultati della ricerca, si richiamano alcune nozioni di base sul sistema di segnalazione dei cannabinoidi[4].

I composti cannabinoidi naturalmente prodotti dall’organismo, come ligandi di specifici recettori, sono detti endocannabinoidi, fra questi le due molecole più studiate e conosciute sono la N-arachidonil-etanolamide o anandamide e il 2-arachidonil-glicerolo o 2-AG. La loro biosintesi è stata accuratamente studiata e definita nelle sue tappe principali[5]; alcuni passi sono calcio-dipendenti e ciò spiega la capacità della depolarizzazione neuronica - che innalza i livelli di calcio intracellulare post-sinaptico - di stimolare la formazione e il rilascio degli endocannabinoidi. Alcuni recettori, quali il gruppo I dei recettori metabotropici per il glutammato, stimolano la formazione di endocannabinoidi modulando i livelli di Ca2+ post-sinaptico o modulando le vie (fosfolipasi C) che regolano la formazione degli endocannabinoidi.

L’origine lipidica rende gli endocannabinoidi biochimicamente diversi dagli altri neurotrasmettitori, sia classici sia peptidici, e la combinazione con la peculiarità del loro ruolo nell’economia dei rapporti sinaptici, configura un caso speciale di neurotrasmissione. I trasmettitori classici e peptidici, dopo la sintesi, sono immagazzinati in pool stabili e labili di vescicole, dalle quali sono rilasciati per esocitosi in seguito all’arrivo del potenziale d’azione al terminale sinaptico. Diversamente, anandamide e 2-AG sono prodotti a richiesta quando l’attività neuronica o la saturazione dei siti dei recettori di membrana porta alla scissione di lipidi di membrana che sono loro precursori. Il meccanismo di rilascio degli endocannabinoidi è scarsamente conosciuto, ma per certo non è di tipo vescicolare: potrebbe avvenire per diffusione semplice attraverso la membrana plasmatica, sebbene non vi siano ancora elementi per escludere la facilitazione da parte di un trasportatore di membrana.

Dopo il rilascio da parte del neurone post-sinaptico, anandamide, 2-AG e le altre molecole cannabinoidi naturali, si legano su siti prevalentemente localizzati sulla membrana dei neuroni presinaptici ed appartenenti a recettori che a lungo hanno eluso i tentativi di identificazione dei ricercatori.

Le tachichinine, piccoli peptidi sintetizzati prevalentemente nel cervello quali la neurochinina A (o sostanza K), la neurochinina B e la sostanza P, sono molecole sinapticamente attive che hanno impegnato a lungo i ricercatori nell’impresa di identificazione dei loro recettori. Durante tale ricerca, condotta in cDNA libraries di cervello di ratto, fu individuata una nuova proteina 7TM accoppiata a proteine G: si trattava di un polipeptide di 473 aminoacidi, che non rispondeva ad alcuna delle neurochinine note. Per un po’ di tempo, rimase un recettore senza ligando o, come si dice nel gergo di laboratorio, un orphan receptor; ma poi, la tecnica di ibridizzazione in situ di mRNA, consentì di rappresentare in una mappa la sua distribuzione nel cervello e, entro breve tempo, riscontrare la somiglianza di questa topografia con quella di un noto radioligando cannabinoide: 3HCP-55 940. Questo dato suggerì che la nuova molecola orfana di ligando non fosse altro che il recettore dei cannabinoidi naturali. Successive analisi biochimiche, basate sull’inibizione dell’attività adenilil-ciclasica, confermarono il sospetto e consentirono di trovare nelle cDNA libraries di cervello umano un recettore degli endocannabinoidi della nostra specie, sulla base del 98% di identità della sequenza aminoacidica con quella della molecola del ratto.

Il recettore CB1, accoppiato a proteine Gi/Go, è stato clonato nel 1990; CB2 è stato clonato nel 1993.

CB1 è di gran lunga il più abbondante recettore GPC (G-protein-coupled) nell’encefalo dei mammiferi, con un’elevata espressione nell’ippocampo, nella neocorteccia, nei nuclei della base, nel cervelletto, nella cosiddetta regione limbica e nel tronco encefalico.

Conformemente a questa diffusa distribuzione del recettore, il sistema dei cannabinoidi naturali modula una grande varietà di funzioni, che comprendono apprendimento, memoria, motivazione, attività motoria ed elaborazione del dolore. La maggioranza dei recettori CB1 sono stati individuati sulla membrana di terminali presinaptici: quando vengono attivati, inibiscono il rilascio di glutammato, GABA ed altri neurotrasmettitori, mediante meccanismi che implicano l’inibizione di correnti di Ca2+ e la modificazione dell’apertura dei canali del K+.

Da un punto di vista fisiologico, gli endocannabinoidi agiscono da messaggeri retrogradi che regolano la plasticità sinaptica.

La modulazione del neurone pre-sinaptico può interessare sia la trasmissione eccitatoria che inibitoria, e può avvenire tanto 1) nella forma di una depressione sinaptica a breve termine (STD, short-term depression), innescata dall’innalzamento di calcio post-sinaptico (che porta alla formazione dei cannabinoidi) ed espressa dalla riduzione di rilascio mediata dai recettori CB1; quanto 2) nella forma della depressione sinaptica a lungo termine (LTD), che richiede un meccanismo aggiuntivo.

I recettori CB1 sono anche accoppiati all’inibizione dell’adenilil-ciclasi, all’attivazione della via MAPK/ERK ed altre cascate di segnalazione legate alle proteinchinasi che regolano l’espressione genica. Come altri recettori GPC, i CB1 vanno incontro alla desensibilizzazione indotta da agonisti.

I cannabinoidi accrescono la frequenza di attivazione dei neuroni dopaminergici della VTA e il rilascio di dopamina nel nucleo accumbens. Un meccanismo di questo effetto è costituito dall’inibizione retrograda degli interneuroni GABAergici che esercitano un controllo inibitorio sui neuroni dopaminergici, con la conseguente disinibizione di questi ultimi.

La marijuana e gli altri derivati della cannabis alterano i fisiologici effetti sinaptici prodotti dagli endocannabinoidi; l’assunzione protratta, ad esempio, porta alla perdita della LTD normalmente prodotta dagli endocannabinoidi nel nucleo accumbens, con conseguenze su tolleranza e dipendenza. I disturbi della memoria e dell’elaborazione dell’informazione, legati all’uso frequente e protratto di queste sostanze, possono almeno in parte attribuirsi alla compromissione della regolazione della plasticità sinaptica da parte delle molecole naturali.

I sistemi endogeni di oppioidi e cannabinoidi condividono molte caratteristiche, che vanno dall’inibizione presinaptica agli effetti analgesici e a ricompensa. Entrambi i sistemi possono ritenersi costituenti strutturali del circuito a ricompensa e, in tal modo, partecipano alle risposte di molecole psicotrope o droghe appartenenti ad altre classi chimiche e farmacologiche. Ad esempio, il blocco sperimentale della trasmissione degli endocannabinoidi attenua il comportamento di ricerca della cocaina e dell’eroina negli animali assuefatti, e riduce la motivazione al consumo di alcool. Prove sperimentali suggeriscono un meccanismo CB1-mediato di modulazione della trasmissione e della plasticità sinaptica nella VTA, nel nucleo accumbens, nei nuclei dello striato e nell’amigdala.

Lo studio qui recensito, condotto da Johannes Fuss, Peter Gass e colleghi, usando una combinazione di studi di genetica molecolare, farmacologici e comportamentali, dimostra che i recettori degli endocannabinoidi mediano l’effetto acuto di risoluzione dell’ansia e induzione di analgesia prodotto da un’attività di corsa di lunga durata.

Verificati nel topo, dopo un lungo esercizio di corsa nella ruota girevole, gli effetti paragonabili allo stato umano definito runner’s high, ed accertata l’esistenza di ansiolisi ed analgesia, i ricercatori ne hanno indagato l’origine neurochimica. Gli esperimenti-chiave sono consistiti nell’ablazione del recettore degli endocannabinoidi CB1 sulla membrana di neuroni localizzati in due territori critici per lo sviluppo degli stati funzionali inibenti l’ansia e il dolore. In particolare, l’eliminazione dello stato cerebrale murino corrispondente all’ansia umana, dipendeva da recettori CB1 intatti sulla membrana presinaptica di interneuroni inibitori GABAergici del proencefalo di topo; mentre la riduzione della percezione del dolore richiedeva l’attivazione di recettori CB1 e CB2 periferici.

In altri termini, senza la mediazione recettoriale della segnalazione endocannabinoide, non si verificavano i due effetti comparati e misurabili nel topo dell’euforia del corridore.

Un altro aspetto interessante riguarda quello stato di calma interiore che in genere si accompagna agli stati di benessere psicofisico e sembra costituire una componente costante del runner’s high: a scopo di ricerca lo si è equiparato alla sedazione, per la quale decenni di ricerca psicofarmacologica hanno consolidato, come per l’ansia, una parametrazione comparata che consente misure di risposte nel cervello dei roditori significative per lo studio del cervello umano. Ebbene, bloccando i recettori degli endocannabinoidi, non si eliminavano i segni di sedazione. Un tale esito avrebbe autorizzato l’ipotesi di una mediazione di questo effetto da parte del sistema endorfinico, ma Fuss e colleghi hanno sperimentato anche il blocco dei recettori endorfinici, con lo stesso risultato.

Dunque, se ansiolisi ed analgesia del runner’s high, come questo studio ha dimostrato per la prima volta, dipendono dal sistema endocannabinoide, per quanto riguarda i meccanismi molecolari della componente di sedazione saranno necessari ulteriori studi.

 

Le autrici della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invitano alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Ludovica R. Poggi & Nicole Cardon

BM&L-31 ottobre 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Robinson T. E. & Berridge C., Addiction 95 (Supplemento 2), S91-S117, 2000. La dipendenza è anche considerata effetto di una spirale ciclica di de-regolazione edonica, in cui gli effetti negativi dell’astinenza avrebbero un ruolo prevalente. Vi sono varie altre teorie dell’addiction, la maggior parte delle quali enfatizza il ruolo dell’apprendimento.

[2] Si ricorda che i bisogni primari sono quelli che non soddisfatti portano a morte l’individuo, mentre quelli secondari, se non soddisfatti, portano all’estinzione della specie.

[3] E’ erronea la definizione “sballo del corridore”, che appare in molti articoli italiani, perché il concetto di sballo attiene ad effetti più intensi delle sostanze psicotrope d’abuso, che si caratterizzano per alterazioni pervasive ed evidenti dello stato di coscienza.

[4] Si ringrazia la professoressa Cardon per le nozioni qui di seguito sintetizzate dal’autrice.

[5] Rinviando ai manuali di neurochimica per un’esposizione dettagliata delle tappe biosintetiche, si ricorda che l’anandamide è formata dall’acido arachidonico e dalla fosfatidil-etanolammina (PE), che l’N-acetiltrasferasi trasforma in N-arachidonil-PE, convertita da NAPE-PLD in anandamide. Il 2-AG richiede il diacil-glicerolo e l’inositolo-fosfato.